giovedì 6 novembre 2014

I wanna comb his beard, CHET FAKER @CLUBTOCLUB

Vincere qualcosa è di per sé abbastanza gratificante, quando poi si tratta di biglietti per un concerto di Chet Faker (biglietti che peraltro non erano in vendita singolarmente ma solo parte del forfait-da-ricchi Club to Club) questa è l'esperienza più vicina alla beatitudine che un essere umano possa provare.


Così mi sono ritrovata su un 18 a trangugiare birra del discount 8.5 e a cercare di calmarmi e darmi un tono da blogger prima di raggiungere l'Hiroshima.
All'ingresso, scopro che il mio nome è in lista con un +1 accanto e quindi non devo nemmeno litigare per far entrare a sgamo il pischello americano che mi accompagna. Mentre gli spiego che no, non deve più fingere di essere il mio fotografo, ci buttano in mano due consumazioni a testa (a me accidentalmente 3) e questo mi fa presagire il peggio, presagio confermato una volta dentro, quando scopro che i bar sono stati trasformati in giganteschi stand dell'absolut vodka, che offrono 3 tipi di cocktail: vodka lemon, vodka lemon blu, vodka lemon zuccheroso.
In sala majakovskij, sul palco ma leggermente defilato, c'è un dj dall'aria mediterranea. Mi avvicino e scopro che è quello del Doctor Sax: Wood Step. Mentre pompa timidamente nelle casse, io mi guardo intorno e mi accorgo di non aver mai visto quella sala così vuota, talmente vuota che la temperatura si aggira intorno ai 26 gradi, 20° in meno rispetto alla temperatura di un qualsiasi concerto degli Zen Circus.

                             Wood Step nel suo angolino
Oltre all'allarmante mancanza di pubblico, tutti sembrano avere un pass al collo o essere lì, come me, per aver vinto il contest.
Mentre mi abbandono a teorie complottistiche e viaggi vari, il mio accompagnatore mi urla nell'orecchio "looks like Portland". Attorno a noi un turbine di barbe, occhiali, beanie e camicie troppo abbottonate. Il problema fondamentale della massificazione, dell'omologazione e della globalizzazione in toto è il seguente: come faccio a sapere con chi di voi ho limonato all'Astoria se siete tutti uguali? Da quel momento in poi la serata è stata tutto un "Heyy ma te sei ***** del Mobbing Party?" "no".

                                    Lui non si chiama Alessandro
Sono le 23, secondo vodka-lemon-qualcosa e Chet Faker non si fa ancora vedere. Approfitto per andare in bagno, e ovviamente è in quel momento che il concerto inizia.
Chet Faker biascica e suona, e la folla lo acclama come a un concerto della bandabardò, nonostante dica cose piuttosto antipatiche. La scaletta non si allontana molto da quella casuale dell'app di Spotify ma lui è impeccabile. Fa letteralmente tutto, senza nemmeno il supporto di un MacBook, e ci piazza dentro pure l'improvvisazione.

                                 Chet Faker acconciato come un samurai
 In quel labirinto di barbe ne scorgo una conosciuta: è Johnny Fishborn. Parecchio ringalluzzito per l'effimero istante di celebrità commenta dicendo "è musica da sesso" e poi mi chiede affannato per quale rivista scriva.
                                   Johnny Fishborn che si diverte
Il concerto non dura molto, ancora soddisfatta per essere lì gratis mi bevo l'ultimo vodka lemon in quel bicchiere di lusso, che manco bisogna riportare al bancone in cambio di un euro, come è usanza all'Hiroshima Mon Amour e in qualsiasi bar di Berlino.
 

Decido di fare domande in giro, trovo due ragazze inglesi che urlano e si abbracciano e sicuramente si fanno anche un po' di pipì addosso e chiedo retoricamente se a loro il concerto sia piaciuto. Mi dicono di sì, dicono di amarlo ma non mi dicono perché e che vorrebbero pettinare la sua barba. Faccio loro una foto, che mi approvano solo al terzo tentativo perché nelle precedenti sembravano "troppo lesbiche".
                            "I wanna comb his beeeaaaardd"
Un pochino scoraggiata, approccio altre due ragazze dall'aria oltremodo hipster, sperando in una risposta deludente che potesse permettermi di fare la cosa che al mondo preferisco, ovvero umiliare le persone on line. Sorprendentemente sembrano preparate e dicono di aver apprezzato molto l'improvvisazione e il fatto che facesse tutto lui e tutto sul momento. Poi la conversazione si sposta sul "cosa studi-dove studi" e si parla inglese. Anzi non sono sicura che stessi ancora parlando con loro due.

                                   Ciao ragazze
Annebbiata dal mix vodka lemon-birra del discount mi chiudo in me stessa per un momento di sincera introspezione, e lo faccio accovacciata tra due macchine mentre cerco di non schizzare gli stivali appena comprati che dovrò indossare alla mia laurea. Ciò che ne deriva è uno scorrere lento e inesorabile di pipì che diventa metafora dei fluidi suoni della musica di Chet Faker e dello scorrere lento e inesorabile delle nostre esistenze.
                           La bozzza dell'articolo così come l'ho trovata stamattina

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